Pro Ligario II

Titolo: Pro Ligario II
Tipo opera: Cicerone - I - Opere
Descrizione: L'orazione Pro Quinto Ligario, databile all'incirca verso la fine del I mese intercalare del 46 a.C., fu pubblicata con ogni probabilità intorno al giugno del 45 a.C. (sulla datazione dell'opera vd. le Ephemerides Tullianae a cura di E. Malaspina). Essa corrisponde al discorso tenuto da Cicerone davanti a Cesare, il primo nel Foro dai tempi del proconsolato in Cilicia (51 a.C.), in difesa di Quinto Ligario, personaggio poco noto dal punto di vista storico e discendente da una famiglia di ceto equestre proveniente dalla Sabina. L'Arpinate si era già pronunciato il 26 novembre dello stesso anno a casa di Cesare (fam. 6,14,2; Lig. 14, vd. le Ephemerides Tullianae), in favore della causa per il rientro in patria di Q. Ligario. [Fausto Pagnotta]
Parole chiave: Éditions - Edizioni - Editions, Éloquence - Eloquenza - Eloquence, Politique - Politica - Politics, Traduction - Traduzione - Translation
Riferimenti storici:

Q.Ligario, partito per la provincia d’Africa nel 50 a.C. come legato al seguito del governatore C. Considio Longo, si trovò dapprima ad amministrare ad interim la provincia dopo la partenza di Considio per Roma (Lig. 2) ed in seguito a prestare servizio durante la guerra civile, pur con un ruolo marginale, sotto il comando del pompeiano P. Azzio Varo. L’accusa mossa a Q. Ligario da Q. Elio Tuberone era quella di aver commesso scelus nei confronti della patria, si è ipotizzato quindi che si trattasse di un’imputazione per perduellio, alto tradimento (sulla questione della precisa definizione del capo di imputazione vd. con relativa bibliografia la chiara sintesi in F. Gasti (a cura di), Cicerone. Orazioni Cesariane, Milano 20074, p. 40 n. 66). L’imputato si trovava in esilio in Africa dopo essere stato già graziato della vita da Cesare (Bell.Afr. 89,1-2), poiché non aveva opposto resistenza quando fu catturato ad Adrumeto in seguito alle vittorie dell’esercito cesariano sui pompeiani a Farsalo il 9 agosto del 48 a.C. e a Tapso il 6 aprile del 46 a.C. L’orazione sostenuta da Cicerone nel Foro costituisce l’opportunità di ottenere da Cesare la riabilitazione civile di Q. Ligario con il permesso di far ritorno in patria. L’esito positivo del processo non era scontato, poiché l’azione di Q. Elio Tuberone contro Q. Ligario poggiava su due accuse (cfr. Quint. inst. 11,1,78-80) che potevano risultare molto gravi agli occhi di Cesare, cioè la permanenza di Q. Ligario in Africa anche dopo le battaglie di Farsalo e di Tapso e in particolare, cosa ben più compromettente, l’aver intrattenuto rapporti di connivenza con Giuba, re di Numidia, che si era schierato in Africa con l’esercito pompeiano, dimostrandosi acerrimo nemico di Cesare. Con fine abilità retorica e con un sapiente utilizzo dell’ironia (ritenuta esemplare già da Quintiliano, cfr. inst. 4,1,70; 9,2,50; e pure 4,1,38-39), facendo leva sulla “clemenza di Cesare” (cfr. ad es. Lig. 6, 10-16, 38), che il dittatore e i suoi collaboratori cercavano di propagandare ad arte per ottenere il consenso tra i vinti (fin da prima di Farsalo, come testimonia Cic. Att. 9,7c,1-2), Cicerone riesce ad ottenere da Cesare il perdono per Q. Ligario e il permesso di rientrare in patria. L’orazione, in una prospettiva più ampia rispetto al caso specifico di Q. Ligario, rappresenta il complesso tentativo dell’Arpinate sul piano politico di riequilibrare la posizione dei vinti con quella del vincitore. Un’azione svolta da Cicerone grazie alle armi dell’astuzia politica e della sua fine ars rhetorica impiegate davanti a Cesare in modo magistrale, sia nella sua personale lettura della guerra civile, tesa a deresponsabilizzare dal punto di vista penale la condotta di Cn. Pompeo e dei pompeiani, accusabili per Cicerone non tanto di scelus, ma semmai di un error (Lig. 19; cfr. pure Marcell. 13, 20; Deiot. 10, 13, 36), sia nella sua ferma e lucida opera di difesa per far rientrare in patria il maggior numero di pompeiani esuli (Lig. 38). [Fausto Pagnotta]


Bibliografie: