Auteur: Mignini, F.
Titre: La virtù è premio a se stessa? A partire dal quinto libro delle Tusculanae di Cicerone
Revue/Collection: "Ciceroniana on line" III, 2, 2019.
Annèe edition: 2019
Pages: 337-365
Mots-clès: Héritage - Fortuna - Legacy, Philosophie - Filosofia - Philosophy
Description: Il saggio intende studiare la fortuna della tesi esposta da Cicerone nel quinto libro delle Tusculanae disputationes, circa la perfetta equivalenza di virtù e felicità, in alcuni autori della storia della filosofia occidentale fino a Kant. La tesi esposta da Cicerone, tipica della tradizione stoica, fonda la virtù sulla perfezione dell’intelletto naturale e può essere considerata, con alcune varianti significative concernenti la sufficienza della virtù per la felicità, comune alla filosofia classica greca e romana. Caratteristica della filosofia classica antica è comunque la prospettiva immanente e perfettamente naturale nella quale il rapporto tra virtù e felicità viene concepito. Dalla filosofia cristiana, in particolare nei modelli elaborati da Agostino e da Tommaso, il nesso virtù-felicità viene spezzato perché, pur considerando la virtù condizione necessaria per la felicità, quest’ultima viene assunta come premio trascendente della virtù, donato dalla grazia divina in un’altra vita, mediante la visione beatifica dell’essenza di Dio. Lo schema dell’unico orizzonte della natura viene infranto e questa, da principio divino, viene posta come effetto di una sopranatura, capace di determinarla con modalità non attingibili dalla sola ragione. Alcuni autori della prima filosofia moderna, quali Pomponazzi, Bruno, Spinoza, tornano alla classica concezione della natura concepita come principio divino, rifiutando ogni idea di sopranatura, e riprendono alla lettera l’equivalenza posta da Cicerone tra virtù e felicità. La posizione di Kant, appena accennata, torna a spezzare il nesso tra virtù e felicità, in favore della totale autonomia e purezza della morale, ma in una prospettiva assolutamente naturale e razionale. In definitiva, la storia della tesi ciceroniana concernente il nesso virtù-felicità si rivela in grado di chiarire la stessa storia della civiltà occidentale e il ruolo svolto in essa dalla tradizione giudaico cristiana. [Abstract dal sito della rivista]
Oeuvres:
Liens: https://doi.org/10.13135/2532-5353/4125
Sigle auteur: Mignini 2019
Titre: La virtù è premio a se stessa? A partire dal quinto libro delle Tusculanae di Cicerone
Revue/Collection: "Ciceroniana on line" III, 2, 2019.
Annèe edition: 2019
Pages: 337-365
Mots-clès: Héritage - Fortuna - Legacy, Philosophie - Filosofia - Philosophy
Description: Il saggio intende studiare la fortuna della tesi esposta da Cicerone nel quinto libro delle Tusculanae disputationes, circa la perfetta equivalenza di virtù e felicità, in alcuni autori della storia della filosofia occidentale fino a Kant. La tesi esposta da Cicerone, tipica della tradizione stoica, fonda la virtù sulla perfezione dell’intelletto naturale e può essere considerata, con alcune varianti significative concernenti la sufficienza della virtù per la felicità, comune alla filosofia classica greca e romana. Caratteristica della filosofia classica antica è comunque la prospettiva immanente e perfettamente naturale nella quale il rapporto tra virtù e felicità viene concepito. Dalla filosofia cristiana, in particolare nei modelli elaborati da Agostino e da Tommaso, il nesso virtù-felicità viene spezzato perché, pur considerando la virtù condizione necessaria per la felicità, quest’ultima viene assunta come premio trascendente della virtù, donato dalla grazia divina in un’altra vita, mediante la visione beatifica dell’essenza di Dio. Lo schema dell’unico orizzonte della natura viene infranto e questa, da principio divino, viene posta come effetto di una sopranatura, capace di determinarla con modalità non attingibili dalla sola ragione. Alcuni autori della prima filosofia moderna, quali Pomponazzi, Bruno, Spinoza, tornano alla classica concezione della natura concepita come principio divino, rifiutando ogni idea di sopranatura, e riprendono alla lettera l’equivalenza posta da Cicerone tra virtù e felicità. La posizione di Kant, appena accennata, torna a spezzare il nesso tra virtù e felicità, in favore della totale autonomia e purezza della morale, ma in una prospettiva assolutamente naturale e razionale. In definitiva, la storia della tesi ciceroniana concernente il nesso virtù-felicità si rivela in grado di chiarire la stessa storia della civiltà occidentale e il ruolo svolto in essa dalla tradizione giudaico cristiana. [Abstract dal sito della rivista]
Oeuvres:
Liens: https://doi.org/10.13135/2532-5353/4125
Sigle auteur: Mignini 2019