Auteur: Venturini, Carlo
Titre: L’esilio di Cicerone tra diritto e compromesso politico
Revue/Collection: "Ciceroniana" nuova serie XIII
Annèe edition: 2009
Pages: 281-296
Mots-clès: Bibliographie - Bibliografia - Bibliography
Description: Al termine di una drammatica seduta del dicembre del 63 Cicerone ottenne dal senato un senatus consultum che lo autorizzò alla messa a morte di cinque catilinari detenuti nel carcere Mamertino. Cinque anni dopo questi eventi, il tribuno P. Clodio fece approvare due plebisciti, tradizionalmente chiamati lex Clodia de capite civis Romani e lex Clodia de exilio Ciceronis. Secondo Velleio Patercolo e Cassio Dione, la lex Clodia de capite civis non avrebbe introdotto nessuna novità nell’ordinamento, limitandosi alla riaffermazione del divieto, già contenuto nelle XII tavole, della messa a morte del civis indemnatus, lasciando nel vago la questione fondamentale, ovvero la legittimità o meno del comportamento di un console che avesse ordinato la soppressione di cittadini in base al voto espresso dall’assemblea senatoria. Secondo l’Autore, Cicerone, aderendo a consigli probabilmente non disinteressati, aveva preso il turpissimum consilium di allontanarsi da Roma nella notte che aveva preceduto la votazione della lex Clodia de capite civis, proprio per rendere impossibile con la sua assenza l’espletamento della diei dictio, il cui intervento avrebbe poi qualificato la sua partenza come riconoscimento di colpevolezza, configurabile come iuxtum exilium, con l’irrogazione successiva della aqua et igni interdictio. In realtà una diei dictio sarebbe stata abbastanza improbabile, poichè una eventuale condanna dell’oratore si sarebbe trasformata in una dichiarazione di illegittimità dell’intera procedura, che coinvolgeva l’assemblea dei patres. L’espediente giuridico della lex Clodia fu invece quello di accusare Cicerone di avere fatto uccidere dei cives indemnati non in ottemperanza, ma falsificando un senatus consultum, come appare in Cic., Dom. 50. Cicerone si rese conto ben presto di essere stato tradito, ma durante l’esilio non dichiarò mai il proprio risentimento. Del resto, poco dopo più di un mese dalla lex de exilio Ciceronis, approfittando dell’assenza di Clodio e del favore di Pompeo, L. Ninnio Quadrato si fece promotore di un senatus consultum per il ritorno dell’esule a Roma, che fu votato dai patres alla unanimità.
Liens: https://doi.org/10.13135/2532-5353/1450
Sigle auteur: Venturini 2009
Titre: L’esilio di Cicerone tra diritto e compromesso politico
Revue/Collection: "Ciceroniana" nuova serie XIII
Annèe edition: 2009
Pages: 281-296
Mots-clès: Bibliographie - Bibliografia - Bibliography
Description: Al termine di una drammatica seduta del dicembre del 63 Cicerone ottenne dal senato un senatus consultum che lo autorizzò alla messa a morte di cinque catilinari detenuti nel carcere Mamertino. Cinque anni dopo questi eventi, il tribuno P. Clodio fece approvare due plebisciti, tradizionalmente chiamati lex Clodia de capite civis Romani e lex Clodia de exilio Ciceronis. Secondo Velleio Patercolo e Cassio Dione, la lex Clodia de capite civis non avrebbe introdotto nessuna novità nell’ordinamento, limitandosi alla riaffermazione del divieto, già contenuto nelle XII tavole, della messa a morte del civis indemnatus, lasciando nel vago la questione fondamentale, ovvero la legittimità o meno del comportamento di un console che avesse ordinato la soppressione di cittadini in base al voto espresso dall’assemblea senatoria. Secondo l’Autore, Cicerone, aderendo a consigli probabilmente non disinteressati, aveva preso il turpissimum consilium di allontanarsi da Roma nella notte che aveva preceduto la votazione della lex Clodia de capite civis, proprio per rendere impossibile con la sua assenza l’espletamento della diei dictio, il cui intervento avrebbe poi qualificato la sua partenza come riconoscimento di colpevolezza, configurabile come iuxtum exilium, con l’irrogazione successiva della aqua et igni interdictio. In realtà una diei dictio sarebbe stata abbastanza improbabile, poichè una eventuale condanna dell’oratore si sarebbe trasformata in una dichiarazione di illegittimità dell’intera procedura, che coinvolgeva l’assemblea dei patres. L’espediente giuridico della lex Clodia fu invece quello di accusare Cicerone di avere fatto uccidere dei cives indemnati non in ottemperanza, ma falsificando un senatus consultum, come appare in Cic., Dom. 50. Cicerone si rese conto ben presto di essere stato tradito, ma durante l’esilio non dichiarò mai il proprio risentimento. Del resto, poco dopo più di un mese dalla lex de exilio Ciceronis, approfittando dell’assenza di Clodio e del favore di Pompeo, L. Ninnio Quadrato si fece promotore di un senatus consultum per il ritorno dell’esule a Roma, che fu votato dai patres alla unanimità.
Liens: https://doi.org/10.13135/2532-5353/1450
Sigle auteur: Venturini 2009