In Vatinium testem

Titre: In Vatinium testem
Type Oeuvre: Cicéron - I - Oeuvres
Description:

Réquisitoire contre P. Vatinius, témoin de l’accusation au cours du procès de P. Sestius dont Cicéron assurait la défense, en 56, (du 10 février au 11 mars): fam. I, 9, 7; Q.f. II, 4, 1.


Mots-clès: Biographie - Biografia - Biography, Droit - Diritto - Law, Éloquence - Eloquenza - Eloquence, Politique - Politica - Politics
Références historiques:

Nel 56 a. C., in occasione del processo de vi intentato a Publio Sestio, il tribuno che più di tutti aveva favorito il ritorno dell’Arpinate dall’esilio, Cicerone non solo intervenne in difesa dell’accusato (Pro Sestio) insieme a Quinto Ortensio Ortalo, Gaio Licinio Calvo e Crasso, ma pronunciò anche una violenta requisitoria contro Publio Vatinio, che era intervenuto come testimone dell’accusa.
Vatinio, il tribuno della plebe del 59 che aveva promosso le principali riforme cesariane, era un personaggio inviso a molti: Catullo, di fronte alla candidatura di Vatinio per il consolato del 54, dice a se stesso quid moraris emori? «che cosa aspetti a morire?» (52, 1, 4). Sempre Catullo ricambia l’horribilis et sacer libellus inviatogli da Licinio Calvo con un «odio degno di Vatinio» (14, 3: odio Vatiniano); infatti, Calvo accusò Vatinio in almeno tre processi (Calvus, frr. 14-28 Malcovati; vedi anche Tac., Dial. 34). Soprattutto, Vatinio era odiato dai pompeiani in quanto portavoce della politica spregiudicata di Cesare: nel 48 egli fu inviato da Cesare nell’accampamento di Pompeo per negoziare la pace, ma fu interrotto da Labieno e rischiò di essere ucciso dai dardi scagliati dai nemici (Caes., Bell. civ. 3, 19).
Nel primo capitolo dell’orazione, Cicerone dice a Vatinio di volere, nel suo interrogatorio, deporre l’odio che prova nei suoi confronti (In Vat. 1-2). L’oratore scende subito nel dettaglio, accusando Vatinio di falsa testimonianza e di combutta con Albinovano e Clodio, rei di aver mosso false accuse nei confronti di Sestio (In Vat. 3). Qui assistiamo ad un brusco passaggio nell’argomentazione, motivato dalla presenza di una grave lacuna in tutta la tradizione testuale (In Vat. 4). Cicerone si difende dall’accusa mossagli da Vatinio di aver difeso Gaio Cornelio nel 65 in un processo de maiestate (In Vat. 5) e si scaglia contro di lui poiché Vatinio gli aveva rinfacciato la sua partenza per l’esilio (In Vat. 6-9). Cicerone ribadisce i suoi meriti nei confronti della patria (In Vat. 9-10) e, dall’altra parte, sottolinea i danni che causò Vatinio mentre compiva il suo cursus (In Vat. 11). Nel 63 Vatinio fu inviato come questore a Pozzuoli, dove sottrasse beni ai cittadini e intentò loro falsi processi, e nel 62 si macchiò di altrettanti crimini in qualità di legato in Spagna Ulteriore (In Vat. 12).
Cicerone passa poi in rassegna i misfatti compiuti dal teste durante il suo tribunato della plebe: Cicerone lo accusa di empietà (In Vat. 14), di aver tentato di sovvertire le magistrature (In Vat. 15-17), di non aver rispettato le leggi Aelia e Fufia (In Vat. 18), di aver voluto spodestare Quinto Metello dalla carica di augure (In Vat. 19-20) e di aver tentato di incarcerare il console Marco Calpurnio Bibulo in quanto coinvolto nel complotto denunciato da Vettio (In Vat. 21-23). Nel 59 Lucio Vettio aveva dichiarato di essere a conoscenza di una congiura organizzata per uccidere Pompeo, della quale avrebbero farebbero parte, oltre a Bibulo, Gaio Scribonio Curione, Lucio Domizio Enobarbo, Lucio Cornelio Lentulo Niger e Gaio Calpurnio Pisone Frugi (In Vat. 24-26).
Cicerone accusa poi Vatinio di aver ritardato l’approvazione della Lex Vatinia de reiectione iudicum solo per mettere in difficoltà Gaio Antonio, collega di Cicerone nel 63, che era stato accusato da Gneo Lentulo Clodiano (In Vat. 27), e di aver associato il proprio nome all’irreprensibile Quinto Fabio Massimo, console del 45 (In Vat. 28). Si prosegue con la denuncia dei furti commessi da Vatinio durante il suo tribunato (In Vat. 29-32). Infine, Cicerone dice che Vatinio prese provvedimenti in favore di Pompeo (l’approvazione degli atti di Pompeo in Oriente) e di Cesare (la Lex Vatinia de provinciis consularibus) in contrasto con le leggi e il senato (In Vat. 33-36) e si rifiutò di riconoscere la Lex Tullia de ambitu, approvata nel 63 (In Vat. 37).
L’Arpinate conclude l’interrogatorio criticando la malvagità di Vatinio rispetto alla magnanimità di Cesare (In Vat. 38-39), il suo atteggiamento ambiguo nei confronti di Milone e Sestio (In Vat. 40-41) e la fallacità della sua deposizione (In Vat. 42). Da quanto dice lo stesso Cicerone, la requisitoria ottenne un gran successo (Q. fr. 2, 4, 1: Vatinium, a quo palam oppugnabatur [sc. Sestius], arbitratu nostro concidimus diis hominibusque plaudentibus).

[Gianmario Cattaneo]


Chronologie: A 56 [Act . Pol.]  In Vatinium testemEn ce qui concerne la datation, le plaidoyer a été prononcé alors que le procès contre Sestius avait eu lieu, entre le 10 février (Q. fr. 2, 3, 5: A. d. IIII Id. Febr. Sestius ab indice Cn. Nerio Pupinia de ambitu est postulatus et eodem die a quodam M. Tullio de vi. Is erat aeger. Domum, ut debuimus, ad eum statim venimus eique nos totos tradidimus) et le 11-14 mars (Q. fr. 2, 4, 1: Sestius noster absolutus est a. d. II Id. Mart. [selon d'autres mss. V Id. Mart.] et, quod vehementer interfuit rei publicae, nullam videri in eius modi causa dissensionem esse, omnibus sententiis absolutus est). [Gianmario Cattaneo]
Bibliographie: