Orator

Titolo: Orator
Tipo opera: Cicerone - I - Opere
Descrizione: Dopo aver scritto il Cato (§35; Att. XII, 6a, 1; fam. VI, 7, 4; XII, 17; orat. 34-35) e aver composto e dedicato a M. Bruto il dialogo a lui intitolato (§23), nello stesso 46 a.C. – forse in estate – Cicerone decise di soddisfare una pressante richiesta dello stesso Bruto con uno scritto destinato a delineare il modello ideale dell’oratore forense (§§36-37). Questa opera retorica in forma di lettera al dedicatario, oltre a riprendere la teoria dello stile oratorio già esposta nel terzo libro del De Oratore, presenta parti nuove di notevole interesse. A seguito di una parte introduttiva in cui l’autore dà conto della scelta di comporre un’opera di questo tipo e delle modalità che seguirà nello svolgimento della materia, il §43 spiega ciò che un oratore deve sempre tenere in considerazione: quid dicat et quo quidque loco et quo modo (“l’argomento, il luogo e il modo in cui esporlo”). Seguono quindi dei paragrafi (46-60) in cui si parla di inventio, dispositio e actio. La dote fondamentale dell’oratore risulta comunque essere l’eloquentia (§61), le sue finalità probare, delectare, flectere, cui bisogna aspirare in osservanza del decorum (§§69-71), secondo le modalità spiegate ai paragrafi 72-99. Quindi, al §100, abbiamo finalmente la definizione dell’oratore perfetto: is est enim eloquens qui et humilia subtiliter et alta graviter et mediocria temperate potest dicere (“È oratore perfetto quello che sa dire le cose umili con semplicità, le cose grandi con solennità, le cose mediocri con moderazione”). Nella seconda parte dell’opera, invece, Cicerone si concentra sullo stile, su questioni linguistiche e sulla prosa ritmica. In particolare, viene esaltata l’importanza della metafora (§§134-135) in quanto capace di trascinare gli animi, benché venga sottolineato che le figure di pensiero sono più importanti (§136); viene poi affrontato il problema della collocazione delle parole e delle sillabe e vi sono indicazioni di grammatica storica della lingua latina (§§ 147-162); seguono paragrafi dedicati al suono (163-166), all’antitesi (166-167) e al ritmo (168-238). Su quest’ultimo argomento, l’Arpinate afferma: Ego autem sentio omnis in oratione esse quasi permixtos et confusos pedes (“Io penso che nella prosa si debbano mescolare e fondere tutti i piedi”– §195). Come cerniera tra le riflessioni teoriche sulla prosa ritmica e le raccomandazioni sulle modalità e le circostanze in cui a questa bisogna fare ricorso, l’autore inserisce un breve capitolo (§§201-203) in cui tratta delle differenze tra prosa e poesia. [S. Mollea] *La traduzione italiana dei passi citati in latino si deve a M. Scaffidi Abate.
Parole chiave: Éditions - Edizioni - Editions, Rhétorique - Retorica - Rhetorics, Stylistique et genres littéraires - Stilistica e generi letterari - Stylistics and literary genre
Bibliografie: